“Esistere è anche qualcuno che ti accarezza, che ti tocca.”

(Annie Ernaux)

 “Non si può chiedere a un’infermiera di

essere umana senza riconoscerle il diritto

di essere sensibile, e quindi

vulnerabile… l’umanità delle cure inizia

dall’attenzione dedicata a coloro che le

prestano.”

Marie De Hennezel

Prendersi cura degli altri

La nascita e la morte sono momenti sacri dell’esistenza, che ci ricongiungono con il senso della vita, ma anche dell’aldilà, di ciò che crediamo vi sia prima e dopo, ai confini, quindi con Dio, con la re-incarnazione, o con il nulla. Un incontro con la nostra spiritualità, ma anche con le esperienze che compiamo durante il nostro cammino.

La società occidentale ha relegato entrambi questi eventi all’interno delle mura degli ospedali, medicalizzando queste esperienze dell’essere umano, allontanandole dal contesto familiare e dalle case, luogo naturale dove avvenivano fino 50 anni fa. Questa scelta sociale ha diminuito l’opportunità alle persone di partecipare ed esserne coinvolte affettivamente, ed esprimere le emozioni legate alla nascita e alla morte con riti di passaggio, fondamentali all’elaborazione di cambiamenti così radicali.

Così si è ridotta la possibilità anche culturale di poter comprendere il senso profondo di questi eventi della nostra vita, si è conferita alla nascita una banale coloritura di rosa e di uno scuro nero la morte, e si sono caricate entrambe queste esperienze di paura e angoscia, proprio perché poco esperite nel normale ciclo della vita familiare.

elaborazione del luttoAl tempo stesso, medici e operatori sanitari, anch’essi appartenenti a questa società, si ritrovano a gestire all’interno di turni ospedalieri e tempi ristretti, le esperienze dell’esistenza umana in cui più intenso è il coinvolgimento di sentimenti e di emozioni. E’ facile intuire la difficoltà dei professionisti della salute a manifestare il proprio sentire empatico non potendo, per altro, contare su una formazione che comprenda materie che approfondiscano  l’accoglienza, la comunicazione e il “buon” contatto.

In questo panorama, può essere utile supportare i medici e gli operatori sanitari fornendo loro strumenti che facilitino l’approccio psico-tattile  in modo da andare incontro alle necessità affettive e di sollievo della sofferenza. In questo senso, si propone come scienza preziosa a cui poter far riferimento l’haptonomia, che arricchisce tutti gli operatori sanitari nell’esercizio del proprio lavoro per la qualità del contatto umano che dona al paziente.

L’ haptonomia è una disciplina definita come la scienza del contatto affettivo.

Sviluppata da Frans Veldman e fondata nel 1945, è un approccio che offre tramite il contatto una conferma affettiva, che favorisce lo sviluppo di uno stato di “sicurezza di base” nella persona, sia che essa debba ancora nascere o sia appena nata (perinatalità), che sia infelice, malata o morente. Il contatto haptonomico mette in moto una serie di fenomeni psico-fisici che possono influenzare positivamente la capacità di nascere, di rispondere alla sofferenza psichica o alla malattia fisica e, alla fine, di “vivere” il tempo del morire. Perciò questa scienza trova anche uno spazio nell’ambito delle cure palliative che agiscono quando non si può più curare per guarire, ma si può ancora fare molto per la persona malata.

Il contatto affettivo apre la strada ad un modo di essere e relazionarsi con la sofferenza, propria e dell’altro, diventando strumento fondamentale all’elaborazione del lutto, anche quando essa corrisponde al momento della nascita o ad un qualunque momento della  gestazione.

Perché la morte può interrompere la vita in qualsiasi momento: dal concepimento alla vecchiaia.

Il lutto perinatale, evento tabù della nostra società, può e deve essere accompagnato anche affettivamente, e in questo senso l’haptonomia perinatale diventa prezioso strumento che coinvolge sia la madre che il padre.  Tramite il contatto delle proprie mani, l’uomo può essere di sostegno alla donna, trovando così il proprio posto e un luogo di congiunzione per esprimere le proprie emozioni in modo da elaborare come coppia un’esperienza così drammatica.

La nascita e la morte sono eventi sacri e, in fondo, le due facce della stessa medaglia.

Il senso della morte è la vita. Senza morte, non vi sarebbe spazio per la vita. In un continuo flusso e trasformazione di ogni cosa vivente.

Perciò, la visione che una società ha della nascita e della morte, il modo in cui essa tratta coloro che stanno per nascere e per morire, è di per sé un indice del suo grado di umanità.

In questa cornice, l’accompagnamento affettivo alla nascita e alla morte rappresentano una forma di umanità fondamentali all’evoluzione umana.

BIBLIOGRAFIA

Marie de Hennezel, La morte amica, Rizzoli, collana Superbur saggi, 2000

Jean-Pierre Relier, Amarlo prima che nasca. Il legame madre-figlio prima della nascita, Casa Editrice Le Lettere, 1994

Francesca Bonacini, Annamaria Marzi, Il gesto che cura, in “Rivista Italiana delle cure palliative”, numero 4, inverno 2005, pag.43-48

Frans Veldman, Haptonomie – Science de l’Affectivité – Redécouvrir l’humain, PUF 2001

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