Cosa rende umano un essere umano?

Come rafforzare la propria umanità e quella dell’altro?

Come rispondere ai bisogni fondamentali della persona di sentirsi riconosciuta, di amare e di essere amata fin dal suo concepimento?

Queste le domande essenziali che si pose Frans Veldman, medico olandese, fondatore dell’haptonomia, dopo aver vissuto le atrocità della seconda guerra mondiale.

Cosa porta dunque un essere umano a disumanizzarsi, diventando violento e crudele e cosa invece gli permette di sviluppare resilienza e affrontare le sfide della vita rimanendo “umano”?

La risposta di Veldman a queste domande fu semplice ed essenziale: il contatto affettivo. Un contatto capace di toccare l’altro con una presenza di qualità: un tocco affettuoso, rispettoso, intenzionale, concentrato verso l’altra persona e consapevole di sé.

In seguito, le neuroscienze, la fisica quantistica, l’epigenetica hanno ampiamente confermato l’importanza della connessione emotiva, del contatto affettivo e della relazione per la sana evoluzione dell’essere umano fin dal suo concepimento.

Se dunque il contatto affettivo è alla base della nostra umanità, la vera domanda oggi è questa:

in questo tempo in cui il contatto viene percepito come pericoloso, in cui si insegna ai bambini a stare insieme distanti, in cui si nasce tra mani coperte di guanti di lattice e con poca presenza paterna, dove l’altro è considerato potenzialmente contagioso, un tempo dove l’abbraccio, la stretta di mano, il bacio viene inibito e percepito rischioso, dove i sorrisi sono coperti da mascherine e le persone si guardano spaventati, quale impatto tutto ciò ha e avrà sulla nostra capacità di rimanere umani?

Come influenzerà le relazioni, la capacità di socializzazione nostra e dei nostri figli, già seriamente compromessa da schermi che distolgono lo sguardo dall’altro, ma anche dalla propria interiorità?

Come cresceranno i bambini che hanno vissuto questa esperienza, disabituati a toccarsi, diseducati ai saluti fatti di baci e abbracci, abituati a bocche coperte, occhi preoccupati, braccia distanti e mani lontane?

Quale sarà il reale costo in futuro per l’umanità intera in termini di salute bio-psico-sociale e di relazioni tra esseri umani?

Dunque: cosa possiamo fare oggi per rimanere umani e per promuovere umanità… nonostante tutto?

Credo che oggi più che mai siamo chiamati come essere umani a rimanere connessi. A guardarci, a desiderare di toccarci, a non dimenticare l’importanza di essere vicini.

Che questo sia un tempo in cui riflettiamo come umanità su quanto siamo tutti collegati, quanto il toccarci sia fondamentale al nostro benessere, quanto per la nostra esistenza stare in relazione sia imprescindibile.

Rimaniamo umani.

#rimaniamoumani

essere umano

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