L’ Haptonomia Perinatale

Dal grembo materno alla vita sociale,

come l’individuo si forma già a partire dalla vita intra-uterina

 

haptonomia perinatale«Dove comincia l’altro

«Quando inizia l’altro

«Chi è il mio altro

«Perché il fatto che l’altro esista può minacciarmi, se la sua presenza mi riconduce a me stesso e fa palpitare la vita?»

«Chi è costui che riconosco come simile, ma diverso da me?»

Incontri assidui dei feti con i loro genitori conferiscono a queste domande, che potrebbero talvolta dare le vertigini tanto sono fondamentali, un’acutezza davvero speciale.

L’universo della gestazione, dal concepimento, è per eccellenza il luogo dove, in ogni tempo, gli esseri umani hanno concepito progetti, sogni, idee e teorie sul tema dell’alterità e la fusione.

C’è stato un tempo in cui si sapeva così poco che l’immaginazione ricamava senza limiti sulle condizioni della trasmissione della vita.

A volte cerco di figurarmi ciò che i nostri antenati al tempo della pietra potevano pensare di fronte a neonati che mostravano una somiglianza evidente con uno dei loro genitori già nelle prime ore di vita. E colui che il padre romano innalzava al di sopra della sua testa in segno di riconoscimento era già un altro?

Certo non era più un bambino condannato a una morte sicura se abbandonato al suolo.

Le pratiche molteplici che si sono costituite intorno alla nascita e al riconoscimento sono affascinanti e illuminanti.

Per molti anni la questione dell’anima e del battesimo ha posto dei limiti incredibili per il nostro modo attuale di vedere le cose. I teologi hanno sostenuto che la presenza dell’anima nel corpo non era contemporanea alla nascita, ma allora in un periodo in cui tutto si misurava secondo il metro della salvezza, dove si collocava il neonato?

E’ vero che la mortalità infantile, all’epoca, dava al quadro d’insieme uno sfondo assai cupo che condizionava ogni pensiero sull’infanzia. Così come, oggi, non possiamo pensare a queste cose senza integrare nella riflessione la banalizzazione dell’approccio medico rispetto all’infertilità, all’ipofertilità se non addirittura alla semplice impazienza. Per non parlare del bambino programmato, che si ritiene desiderato.

In effetti, è proprio la confusione tra il desiderio inconscio e la voglia di avere figli, che talvolta sono cose molto diverse, la fonte di molte complicazioni.

Trasmettere la vita, sfiorare la morte, sappiamo quanto la vicinanza di questi due atti doni intensità al complesso mondo della gravidanza, sia quando essa avvenga in modo spontaneo che quando sia medicalmente assistita. Per secoli, i bambini sono nati numerosi e morti in massa, perciò l’attaccamento era molto diverso da quello odierno, in una società in cui il bambino, raro, desiderato è spesso iper-investito.

Preso tra due correnti che hanno convissuto fin dal Medioevo, il neonato è stato sia considerato prossimo all’animalità dell’essere selvaggio che assimilato all’immagine innocente e pura di Gesù Bambino.

Per quanto riguarda i principi educativi risultati dall’una o dall’altra rappresentazione, non possiamo che evocare la navigazione tra Scilla e Cariddi.

Quando un bambino muore prima della nascita, o nel venire al mondo, la questione si rivela cruciale. Dare un nome, un cognome, integrare questi bambini nella storia dei genitori e nel libro familiare, scegliere la loro sepoltura sono momenti di estrema importanza per il futuro della famiglia. Qui ci sono zone grigie che rivelano le incertezze della nostra società sullo status reale di questi bambini non ancora nati.

Il testo completo scaricabile cliccando qui.

© Dr Catherine Dolto
medico e haptopsicoterapeuta perinatale,

direttrice della scuola di specializzazione in “haptonomia perinatale”

al CIRDH (Paris, Francia)

Tradotto da D.ssa Maria Isabella Robbiani

Psicologa e haptoterapeuta perinatale

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