Lavorare nella nascita significa lavorare con il senso della vita. Significa essere presenti all’evento più significativo, importante e miracoloso della vita.
Chi lavora nella nascita lo sa. Magari non ci pensa in ogni istante. Ma lo sa. Forse inconsapevolmente lo sceglie proprio per questo. Sceglie di essere in prima fila allo spettacolo della vita.
Ma sa anche quanto il parto sia delicato e potente al tempo stesso. Un processo involontario e competente al tempo stesso. Preciso, soggettivo, puntuale, improvviso, rischioso, naturale, straordinario. Al tempo stesso.
Dove, per ogni fase, agire – e talvolta non agire – è fondamentale. Sapere chi deve intervenire, come e che cosa fare e non fare è altrettanto importante. Ci vogliono competenza, sapienza, professionalità, ma anche umiltà e coraggio. E molta umanità.
Perché partorire è innanzitutto un fatto umano, anche se pare sovraumano. È relazionale e affettivo. E allora, per stare in prima fila allo spettacolo della vita, accompagnando, sostenendo e a volte salvandola, la vita, ci vuole, oltre che competenza e professionalità, anche la capacità di entrare in relazione con affetto e molta, molta umanità.
Nei dodici anni durante i quali ho lavorato a Villa Salus, ho sentito centinaia di volte le coppie che partecipavano al percorso nascita spiegare che la ragione per cui sceglievano di partorire nel nostro ospedale era che ne condividevano la “filosofia”. Come a dire che rispettare la fisiologia della nascita, seguendo protocolli basati sull’EBM (Medicina Basata sull’Evidenza scientifica), con umanità e devozione, dando un nome ad un bambino, ad una mamma e un papà, con lo scopo di garantire la migliore esperienza possibile a quel bambino, quella mamma e quel papà, sia una questione filosofica.
D’altra parte, la filosofia è un campo di studi che si pone domande e riflette sul mondo e sull’uomo, indaga sul senso dell’essere e dell’esistenza umana. Quindi, quale campo migliore della nascita pone interrogativi e offre risposte in merito al senso della vita e dell’esistenza umana?
Le ostetriche, i ginecologi, i neonatologi, le infermieri e tutti gli operatori che gravitano attorno alla nascita non sono però filosofi, ma semplicemente persone in carne ed ossa che mettono il loro tempo, le loro energie e soprattutto le loro risorse umane a disposizione della vita, con scienza e coscienza. E cercano di farlo il meglio possibile. Per essere meritevoli del loro posto in prima fila allo spettacolo della vita.
Io sono entrata con la vasca. Voglio dire che quando ho iniziato a lavorare all’ospedale Villa Salus, nel 2001, era stata appena introdotto l’uso dell’acqua per partorire. Quell’innovazione era stata fortissimamente voluta dal dott. Roberto Fraioli, a cui era stato dato l’importante compito di rinnovare il percorso nascita e le prassi ostetriche. L’arrivo della vasca aveva suscitato l’interesse di molti, e anche lo scetticismo di alcuni. Ma l’acqua, con i suoi poteri analgesici e dolci, in breve tempo conquistò tutti: le donne, che scoprirono che travagliando e partorendo in acqua potevano beneficiare di un parto meno doloroso e più breve, le ostetriche, che capirono che le mani nel parto spesso non servono perché “le donne sanno partorire e i bambini sanno nascere” (cit. Milena, ostetrica), i ginecologi, perché ebbero l’intelligenza di concedere un po’ per volta molta più autonomia alle ostetriche, i neonatologi, perché fu evidente anche per loro che un parto dolce promuove le condizioni ottimali alla salute e al benessere del bambino, e infine persino gli anestesisti, che in poco tempo videro ridursi la richiesta di anestesie peridurali dal 25% al 5%!
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