BabyLoss Awareness Day 2018
Per me questo giorno ha il nome di alcuni bambini….
Angelica, Maria Giovanna, Samuele, Amelie, Rebecca, Benedetta, Gabriel, Lisa, Sofia… figli di genitori in lutto per averli persi prima che potessero venire al mondo.
La loro presenza nell’assenza mi ha sempre guidato, sono stata presente nella sofferenza per la loro mancanza, non sono scappata di fronte alle lacrime per il loro lutto così inaspettato, forte, traumatico.
Ho iniziato a lavorare con le coppie che hanno perso un bambino in gravidanza poco dopo che avevo iniziato a seguire le coppie in attesa di un figlio in gravidanza.
Era il 2001.
Avevo cominciato a lavorare nei percorsi nascita solo da qualche mese, che mi chiamarono in reparto a Villa Salus.
C’è una MEF, vieni.
Non ci si pensa, quasi.
Quando inizi a lavorare nei percorsi nascita, pensi solo alla vita.
Poi allora, non se ne parlava proprio in generale. Nessuna pubblicazione, sito, associazione, gruppo di mutuo aiuto, nessuna informazione in Italia.
Eppure è un evento che accade in ogni ospedale, perché ogni luogo dove si nasce, incontra anche la morte. Perché la morte può giungere inaspettata in qualunque momento, da quando si è concepiti.
Per me che avevo bisogno di informazioni, di capire meglio, di approfondire, inizialmente dovetti usare sopratutto la mia intuizione e lessi qualche articolo in inglese e in francese. Mia cognata infermiera pediatrica a Parigi mi guidò. Mi feci spiegare come facevano, loro: mi raccontò dell’importanza della possibilità di far nascere i bambini e poi mostrarli, lasciarli nelle braccia dei genitori, creare ricordi, parole, affetto.
E poi ci fu l’esperienza maturata sul campo. Le coppie che iniziai a seguire, mi insegnarono che era importante lavorare in coppia e con il corpo.
Perché le parole sono importanti, ma spesso non bastano. Ci vuole contatto affettivo, per scendere in quel corpo ferito di quella donna affranta che ha accolto la morte. E ci vuole un padre con mani colme d’amore che restituisca calore e fiducia a quell’utero, luogo e mondo che aveva accolto quel bambino che non c’è più. Ci vuole una coppia che possa sentirsi unita dal contatto affettivo e dallo sguardo l’uno nell’altra, accomunati nel dolore, ma anche nell’amore di un bambino che è e rimarrà loro figlio, per sempre.
Ecco il motivo principale per cui dieci anni fa andai in Francia per specializzarmi in haptonomia perinatale, motivata dal desiderio di rendere il mio accompagnamento migliore, più profondo e completo, per poter lavorare non solo nel lutto, ma anche nella rinascita. Così, per tenere per mano le coppie a cui accade: a quella madre, a quel padre e a quel figlio che rimarrà loro figlio anche quando nasceranno altri figli.
Così, per dare spazio ai figli dopo, affinché non sentano di dover colmare un vuoto incolmabile, sostituendo quel fratellino o quella sorellina, che sono morti, ma che faranno sempre parte della loro famiglia e della loro storia di vita.
Occuparsi di lutto perinatale non è facile, tocca temi difficili, dolori complicati, il senso della vita e della morte, la relazione di coppia e la storia di una famiglia.
Prendersi cura e accompagnare le coppie dopo un lutto perinatale significa anche credere che quanto accaduto possa trasformarsi, dando memoria e valore a quell’esperienza, restituendo parole, vita e speranza a quella famiglia.
Accompagnare una coppia in un lutto perinatale significa farsi presenza nell’assenza di quei bambini che mi hanno accompagnata in tutti questi anni, mentre accompagnavo i loro genitori.
Quindi grazie, a Angélica, Maria Giovanna, Samuele, Amelie, Rebecca, Benedetta, Gabriel, Lisa, Sofia…. sempre presenti nel cuore di chi li ama.